L’incidenza del covid sugli investimenti diretti esteri

Incidenza del Covid -19 su I.D.E.(investimenti diretti esteri) e gli “acceleratori legali”

Incontro con l’Avv. Galluppi di Cirella – Intervista pubblicata sul sito  www.americaoggi.us 

“In un mercato globalizzato i flussi di investimenti diretti esteri delle imprese multinazionali determinino molto spesso un effetto di trascinamento anche per le PMI italiane. I dati acquisiti, poco prima della pandemia dovuta al Covid-19, ci hanno indicato come, negli anni passati, a seguito di investimenti importanti da parte di imprese americane in Italia, si sia determinato un ‘effetto di rimbalzo’ verso l’Occidente. Prova ne è stata una frequente e sempre maggiore internazionalizzazione di soggetti italiani in USA. Oggi, chiaramente, l’interpretazione di questi dati muterà e occorrerà almeno un semestre per iniziare a studiare un nuovo fenomeno in evoluzione e in linea con l’evoluzione del virus”.

Ne e’ convinto Galluppi di Cirella, avvocato esperto di gestione preventiva dei conflitti e delle fasi di crisi aziendale commentando lo studio effettuato dal Centro di Ricerca Byron Associati – di cui è anche presidente – sull’interpretazione dei dati I.D.E. nei rapporti Italia/USA.

Alla luce dell’emergenza Covid lo studio individua cambiamenti nei rapporti commerciali fra Italia e Usa?

“Va detto che il fenomeno non è certo nuovo, ma il disastro economico provocato dalla circolazione del virus determinerà ovviamente anche un mutamento ‘di specie’ delle forme di investimento. Certo, da un evento negativo si possono creare importantissime opportunità di rinascita. Ma occorre tenere presente che la pandemia significa anche black out economico, le cui conseguenze ancora non sono ben chiare soprattutto per le PMI. E l’iniezione di liquidità stenta ad arrivare nelle casse dei più, l’unica davvero in grado di fare ‘rialzare la saracinesca delle botteghe’. Vorrei ricordare che il Piano Marshall post conflitto bellico determinò la restaurazione industriale del sistema Italia. Questo fu il primo vero forte investimento che, in parte, determinò il boom economico interno, favorendo settori produttivi importanti come l’indotto siderurgico, ed è stato considerato come il vero trampolino di lancio delle imprese italiane che iniziarono a valutare (di rimbalzo appunto) il mercato americano come ulteriore fonte economica. Ma si badi bene: non eravamo, come oggi, in perenne ‘iperfetazione legislativa’ anche per cause esogene (cioè Covid)”.

Quindi possiamo dire che la burocrazia e un eccesso di legiferazione ad hoc per l’emergenza Covid impediscono all’economia di correre?

“Oggi se devo spostare un chiodo dal punto A al punto B devo necessariamente rispettare la legge C, e le sue successive modifiche Y quindi le integrazioni normative Z. Pensiamo alla nuova organizzazione aziendale – imposta dai Protocolli sicurezza negli ambienti di lavoro – che può stravolgere i processi produttivi nei più disparati settori dell’Impresa. Insomma, sembrerebbe essere tutto molto più complicato di quanto non lo fosse prima dell’avvento del Covid 19; sia per l’azienda italiana che intenda investire in America, ma soprattutto per quella US che si trova a fare i conti con l’abominevole (e tutta italiana) burocratizzazione delle procedure amministrative pubbliche e private. Sino a trent’anni fa la presenza di imprese multinazionali poteva essere spiegata in ragione dell’unico dato rilevante. E cioè che i costi di trasporto fossero nulli. Oggi questo non è più sufficiente. I costi aumenteranno a dismisura e delocalizzare le attività produttive (in parte, anche le risorse umane in determinati casi) comporterà il rischio di rimanere “bloccati” nella fase iniziale dell’investimento, se non si prenderanno le dovute precauzioni contrattuali e di sicurezza”.

Vuol dire che l’Italia non sarà più appetibile quale mercato di investimento estero? Neanche per gli USA?

“Per un verso sono i dati che parlano. Gli investimenti diretti esteri provenienti dagli Usa, prima dell’epidemia, si aggiravano sui 39 miliardi di dollari. Quelli di Francia e Germania erano molto più alti (rispettivamente 87 e 140 miliardi circa). Questo certamente sta a significare che gli Us erano già cauti a investire sul nostro territorio anche per quanto dicevo prima: burocratizzazione e rischio contenzioso. Ma questa fase ‘transitoria’ che dal mio punto di vista durerà circa due anni complica terribilmente la situazione del nostro Paese. Per non parlare poi del contesto politico attuale e della poca trasparente strategia di rilancio industriale; posto che quello che ho visto sino ad oggi, è l’adozione di misure più di tipo assistenziale che altro. Di contro non si può dire che il nostro Paese non sia appetibile per tutti. Come i dati dimostrano, per i Paesi europei più “forti” costituisce terreno fertile per l’acquisizione di importanti aziende che hanno fatto scuola nel mondo. Il paradosso sta nel fatto che, nonostante un decremento degli investimenti in Italia da parte degli US si stava manifestando, comunque, una netta inversione di tendenza rispetto al passato. Ovvero le imprese italiane avevano incrementato in maniera spropositata gli IDE verso gli Stati Uniti: dal 2003 ad oggi abbiamo registrato un + 350% . E questo sta anche a significare che la cultura dell’internazionalizzazione delle imprese in Italia si è propagata, così come l’assistenza legale alle aziende, per accompagnarle non solo verso il mercato americano, ma anche verso quello orientale.

Pensa che servirebbe un altro Piano Marshall per favorire IDE importanti verso l’Italia e provenienti da oltreoceano? Così da contenere gli effetti devastanti prodotti dal Covid-19?

“Non sappiamo ancora se le iniezioni di liquidità della BCE e gli altri aiuti UE (di Recovery e Sure) siano sufficienti anche a sostenere gli IDE. A me sembra però che manchi, fondamentalmente, una visione prospettica avente ad oggetto in primis un progetto economico di lungo periodo. E da ambo i lati (ITA e US). Per cui, pragmaticamente, le dico subito che il contesto storico, politico ed economico non permette di attendere gli esiti delle riunioni europee e statunitensi che sin’ora hanno prodotto rinvii a 15 giorni per decidere cose particolarmente urgenti mentre avrei immaginato, come minimo, la costituzione di tavoli e commissioni permanenti. Per cui occorre agire sulla base, anzitutto, degli antichi e solidi rapporti transatlantici tra Italia e Stati Uniti; contestualmente consentire alla politica – che va aiutata da noi operatori del diritto – di intervenire anzitutto snellendo seriamente le procedure amministrative, ad esempio riscrivendo un nuovo Codice degli appalti in 50 pagine. Intervenire in maniera seria nei settori dell’edilizia (e non solo sulle prime case ma sulle opere pubbliche) così come in quello immobiliare e turistico, di acquisizione di quote societarie per aziende in crisi (anche da parte dello Stato), non di meno nella implementazione industriale tecnologica”.

E per i rischi connessi al contenzioso italiano? Ha fatto ormai scuola il caso Ilva.

“Io professo da diverso tempo, e oggi insieme a Byron Associati, il ‘credo’ dell’utilizzo dei sistemi alternativi alla giustizia ordinaria. Ad esempio far conoscere le best practices americane alle imprese italiane è stata in questi anni una buona base di partenza per condurle a internazionalizzarsi in vari Stati Federali d’America, favorendo gli investimenti.. Sotto tale profilo ritengo che l’Italia possa e debba investire ancora tanto sulle ADR US, che possono essere utili anche per uno snellimento della normativa contenuta nel Codice degli Appalti. E non da ultimo, rendendole compatibili con il diritto italiano, porle sempre più come condizione di procedibilità delle azioni giudiziali. Forse sarò impopolare per il mondo dell’Avvocatura, al quale sono fiero di appartenere. Ma occorre un’azione coraggiosa eliminando ad esempio il processo civile per tutti i conteziosi che nasceranno da causa Covid-19 e utilizzando il mini-trial americano, ovviamente permeato su base di diritto italiano.

A dire il vero constato con rammarico che il Governo italiano non sia andato proprio in questa direzione. Non ravvedo norme in tal senso in tutti i DPCM e D.L. che si sono succeduti in questi mesi drammatici. E prima ancora dell’avvento della pandemia, le ultime modifiche varate dal Consiglio dei Ministri nel disegno di legge delega di riforma del processo civile, già escludeva il ricorso obbligatorio agli istituti di mediazione e di negoziazione assistita per determinate materie.

Detto ciò, il caso Ilva è tutto italiano. Condotto male. Non lo dico io, ma i risultati prodotti. Se parliamo di contratto questo certamente prevede, da un lato, l’obbligo di investire 4,2, miliardi da parte di ArcelorMittal e, dall’altro, l’impossibilità di licenziare sino al 2023, a prescindere dal ciclo economico dell’industria. E’ vero che nel contratto non è stato previsto il c.d. “scudo penale”, ma è altrettanto vero che in esso si prevede la facoltà di recesso in caso di leggi che rendano impossibile l’esercizio dello stabilimento, anche in relazione alla normativa ambientale. E lo ‘scudo penale’ consentirebbe la facoltà di recesso. Non mi permetto, ovviamente, di indicare soluzioni, ci mancherebbe (!) Dico solo che ‘ex contractu’ la previsione di specifiche clausole compromissorie, secondo regole comuni, e ravvisabili in alcune delle ADR US, forse avrebbero potuto limitare i rischi attuali per i lavoratori ed eventuali danni all’economia (che tutti scongiuriamo) eliminando, almeno per questa fase, l’intervento ulteriore della Magistratura.”

Quindi può considerarsi un incentivo agli IDE, al tempo del coronavirus, la creazione di un sistema parallelo a quello processuale?

“La domanda è un’ottima sintesi. Mi piace l’espressione dei ‘sistemi paralleli’. Potrebbero tranquillizzare gli investitori esteri IDE e far acquisire un pò di fiducia alle imprese italiane.

Se chiedesse ai fornitori di AncelorMittal che dovranno essere pagati per le commesse già corrisposte probabilmente le risponderebbero di non avere così tanta fiducia, sulla base del sistema attuale. Ma un sistema parallelo potrebbe fornire adeguate garanzie alle parti contrattuali in ordine alla velocità della risoluzione dei conflitti e, quanto meno alla relativa certezza di contemperare e soddisfare gli interessi in gioco. Pardon, gli interessi nella ‘guerra economica’ che stiamo vivendo, se qualcuno se ne fosse accorto….”

Intervista pubblicata su: https://www.americaoggi.us/post/l-incidenza-del-covid-sugli-investimenti-diretti-esteri?fbclid=IwAR1guH7enXEZZtBOKZFw7WDu-e5t9WViHdVtiLMIccr4DFEpUYtpI4zbdpI