SUPERBONUS 110%

RISCHI PENALI DEL PROFESSIONISTA “ASSEVERATORE”  E REVOCA DEL BENEFICIO

I progetti premiati dal “superbonus del 110%” saranno sottoposti a dettagliate condizioni e, al contempo, necessiteranno di specifiche certificazioni richieste dalle autorità delegate (amministrative prima e tributarie poi) deputate al controllo della regolarità procedurale a loro connessa.

Occorre quindi prestare attenzione, già in fase preliminare di redazione progettuale, al rispetto puntuale delle norme attinenti il deposito di atti presso i competenti organi amministrativi, in particolare all’attività strettamente tecnica riguardante l’opera intellettuale svolta dall’ “Ufficiale Asseveratore”.

L’incaricato dovrà relazionare circa il rispetto dei requisiti minimi, nonché la congruità delle spese sostenute ed attinenti agli interventi agevolati (sia antisismici che energetici).

Tale attività svolta appare l’aspetto più delicato dell’intera vicenda posto che attorno all’asseverazione ruoteranno le sorti della tutela dei soggetti coinvolti nel contratto di appalto. E ciò con effetti (che vedremo a distanza di anni e solo a seguito degli accertamenti dello Stato) di tipo economico, sanzionatorio e penale. Si consideri infatti la eventualità che, a seguito di ispezione, potranno notificarsi: la revoca dei benefici fiscali (esempio cessione del credito di imposta); l’avviso di accertamento con annessa sanzione (per irregolarità nell’utilizzo delle detrazioni); gli atti penali per contestazione di reato in ordine alle fattispecie di falsità ideologica dell’asseverazione.

Questa ultima ipotesi genera, a mio giudizio, le maggiori preoccupazioni poichè dagli atti certificativi e/o asseverativi scaturiscono le possibilità di accesso ai superbonus. Ma anche di revoca dei benefici fiscali!

E allora occorrerà ben definire, in ambito contrattuale (con dovizia di specificazioni e competenze) ruoli, compiti e funzioni mediante la redazione di specifiche clausole di salvaguardia che tutelino le parti coinvolte (committente, appaltatore, progettista, tecnico asseveratore, direttore dei lavori, general contractor) tenuto conto anche dell’eventuale sinallagma instauratosi tra istituti di Credito e general contractor .

La relazione c.d. “di asseverazione” pertanto sarà l’elemento fondante la bontà dei progetti presentati per l’accesso ai benefici (utilizzo diretto in dichiarazione del superbonus, opzione della cessione del credito di imposta, sconto in fattura) così come, a contrario, la “spada di Damocle” che incomberà sulla intera procedura amministrativa, a seguito dei controlli (a campione) che svolgeranno nel corso dei prossimi anni ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e Agenzia delle Entrate.

E’ bene precisare che per gli interventi di efficientamento energetico, sarà necessaria l’asseverazione di un tecnico abilitato onde consentire di dimostrare che l’intervento realizzato sia conforme ai requisiti tecnici richiesti e che vi sia corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. In tale ambito una copia della asseverazione sarà trasmessa (telematicamente) all’ENEA, secondo le modalità indicate dal decreto del Ministero dello Sviluppo Economico dello scorso 3 agosto 2020.

In ordine agli interventi antisismici, sarà necessaria una asseverazione da parte dei professionisti (iscritti ai relativi Ordini e Collegi professionali di appartenenza) incaricati della progettazione strutturale, direzione dei lavori delle strutture e collaudo statico secondo le rispettive competenze professionali, circa l’efficacia degli interventi; e ciò in base al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 58/2017 e ss.mm. Anche in tal caso i professionisti incaricati dovranno attestare la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. L’atto di asseverazione dovrà essere depositato presso lo sportello unico competente ex art. 5 D.P.R. n. 380/2001.

Da rilevare ancora, nei rapporti privatistici, la possibilità di concordare i tempi di rilascio della medesima asseverazione da parte del professionista. Il deposito, infatti, inciderà anche sulla durata di sfruttamento dei benefici di detrazione.

Pertanto, potrà stabilirsi un rilascio della “relazione” che attesti i requisiti tecnici del progetto presentato e della effettiva realizzazione, non solo al termine della esecuzione dei lavori, ma anche per ogni loro stato di avanzamento. In tale ultima ipotesi le detrazioni fiscali saranno “frazionate”.

Si rammenta che, ai fini del rilascio delle attestazioni, i tecnici abilitati saranno “obbligati” alla stipula di una polizza di assicurazione della responsabilità civile (la quale dovrà tenere conto di un massimale proporzionale al numero di attestazioni e/o asseverazioni rilasciate, nonché agli importi degli interventi oggetto delle medesime attestazioni e/o asseverazioni, comunque non inferiore a 500.000 euro). Così facendo si intende prestare garanzia ai Clienti e al bilancio statale a fronte del risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività svolta.

Ma cosa accade in caso di non veridicità delle attestazioni e/o asseverazioni? L’effetto sarà quello della decadenza dal beneficio (revoca)? E a carico di chi ?

Quali saranno le conseguenze sul professionista progettista e/o asseveratore? E quali le sorti di un beneficio fiscale già ottenuto con eventuale cessione del credito?

Il Legislatore, come noto, ha previsto specifici obblighi e responsabilità di carattere disciplinare e penale in capo a ingegneri, architetti, geometri iscritti nei relativi albi professionali, riconoscendo loro il ruolo di esercenti un servizio di pubblica necessità.

La condotta sanzionabile penalmente, in ragione di tale assunzione di ruolo è strettamente connessa all’attività di certificazione la quale, se non veritiera, configura l’ipotesi di reati contro la pubblica fede.

Come noto, i titoli abilitativi richiesti – a seconda della tipologia di intervento da realizzare – sono i classici CILA (manutenzione straordinaria che non comporta interventi di natura strutturale) SCIA (manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo che riguardino parti strutturali dell’edificio ed interventi di ristrutturazione edilizia) e permesso di costruire – c.d. “Super Scia” – (unico titolo autorizzativo per il quale è necessario attendere il benestare da parte del Comune e richiesto per le nuove costruzioni, gli ampliamenti e le sopraelevazioni).

Al netto del permesso di costruire, il committente che intende avvalersi delle agevolazioni al 110% per interventi sugli immobili in proprietà (o detenzione) dovrà così incaricare il tecnico abilitato ai fini della redazione del progetto finalizzato alla successiva asseverazione, previa verifica di conformità alle normative statali e locali.

La presentazione delle CILA e SCIA è nevralgico per il professionista incaricato poiché, in tale momento, egli assume una autonoma posizione di garanzia per il ruolo di soggetto esercente un servizio di pubblica necessità posto che “sia il progetto che la relazione sono atti professionali che per legge richiedono un titolo di abilitazione e sono vietati a chi non sia autorizzato all’esercizio della professione specifica” (già costante è l’orientamento della Corte di Cassazione su tale qualificazione soggettiva; si veda Cass. V sez. del 24 febbraio 2004, n. 21639).  

Occorre distinguere, comunque, il tipo di attività svolta dal tecnico, così come le dichiarazioni rese e i dati contemplati nella “relazione allegata alla asseverazione”; ciò per le conseguenze che ne scaturiscono sotto il profilo squisitamente penale.

Per il caso di false dichiarazioni e attestazioni sullo “stato dei luoghi”, quindi sulla conformità delle opere da porre in essere rispetto agli strumenti urbanistici, tale condotta certamente integra il reato di falsità ideologica in certificati (ex art. 481 c.p.) che punisce chi, nell’esercizio di un servizio di pubblica necessità attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità (prevedendosi la reclusione fino ad un anno o la multa da 51 euro ad euro 516).

Tale reato a dolo generico e la cui condotta si manifesta nella coscienza e volontà di attestare il falso, immutando il vero che è stato riscontrato, si consuma già al momento della consegna dell’attestazione riferentesi al progetto.

Il tecnico incorrerà così nella violazione dell’art. 481 c.p. qualora rediga il progetto o la relazione per l’ottenimento del sisma e dell’eco bonus, nell’interesse del committente, certificando il falso (si consideri, ad esempio, l’ipotesi di omessa dichiarazione di abuso edilizio o, ancora, la descrizione di impianti di riscaldamento esistenti) a seguito di accesso preliminare sui luoghi oggetto di intervento.

Il concetto di “stato dei luoghi” implica specifiche modalità di svolgimento dell’incarico riguardanti la verifica ex ante ai lavori da realizzare mediante la predisposizione di documentazione fotografica e redazione di tavole grafiche, così come la rappresentazione delle opere da porre in essere (connessa a detto previo accesso in loco). Ancora, tale attività si muove sul parallelo binario dello studio degli strumenti urbanistici, delle misure di sicurezza e dei regolamenti edilizi, quindi sulla loro conformità alle medesime opere da realizzare. Infine, avrà la sua conclusione nella “ricognizione” di eventuali vincoli presenti sull’area dell’immobile interessato all’intervento.

Ogni singola valutazione compiuta dal professionista sostituisce quindi il controllo dello Stato e, come tale, in quanto atto di fede pubblica, implica la veridicità delle dichiarazioni rese da considerarsi ex lege garanzia di correttezza e legalità.

Anche il Direttore dei Lavori nominato sarà responsabile per falsa attestazione in ordine alla conformità degli interventi edilizi nella certificazione presentata per il rilascio di un permesso di costruire (nella ipotesi, ad esempio, di sisma ed eco bonus legati alla demolizione e fedele ricostruzione dell’opera) o, ancora, quando attesti in modo non conforme al vero il rispetto in materia di sicurezza della costruzione (come nel caso di “vuoto spaziale” al posto di “scala in cemento armato”).

Anche i “rilievi planimetrici”, presentati e depositati dal professionista abilitato incaricato, a corredo della domanda, rilevano in materia di falso ai fini della successiva asseverazione. Essi hanno natura di certificato in quanto assolvono la funzione di dare alla Pubblica Amministrazione una esatta informazione dello “stato dei luoghi”. E sotto tale profilo, il professionista (redattore delle planimetrie) insieme con il committente che firma la domanda fondata sulla documentazione infedele ne risponderanno penalmente.

Ne consegue che nel caso in cui detta planimetria rappresenti falsamente lo stato dei luoghi e l’amministrazione competente sia indotta in errore in relazione alla medesima situazione di fatto la quale, se fosse stata attestata conformemente al vero, avrebbe rappresentato motivo ostativo per l’accoglimento della richiesta, anche il committente (oltre che il professionista) saranno punibili per falsità ideologica in atto pubblico “mediante induzione” ai sensi e per gli effetti degli artt. 48 c.p. (errore determinato dall’altrui inganno) e 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici).

Anche la Corte di Legittimità ha stabilito che “la decisione del committente e del suo professionista di non sollecitare mediante richiesta di permesso a costruire il preventivo controllo dell’ente pubblico, e di procedere piuttosto con SCIA” determina una specifica assunzione di responsabilità da parte del progettista.

Tale aspetto di “concorso dei reati” di cui rispettivamente agli artt. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) e 481 c.p. (falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità), non è di poco momento in ragione delle eventuali conseguenze per il caso di cessione del credito d’imposta da parte del committente all’impresa affidataria dei lavori (passando, per l’appunto, dall’asseverazione del professionista).

L’accertamento successivo della induzione in errore potrà fungere da elemento rilevante ai fini di ulteriori contestazioni in materia  tributaria (si porti ad esempio: a) il committente non aveva diritto al beneficio; b) il committente non poteva cedere il suo credito d’imposta; c) l’impresa (o la banca) cessionaria del credito – comunque di “buona fede” – lo ha detratto) e ad azione di rivalsa e risarcimento ?

Detta fattispecie delittuosa, di natura plurioffensiva, che mira alla tutela dell’interesse pubblico, nonché alla genuinità e veridicità materiale ed ideologica di determinati atti, non è la sola ad incidere sulla sfera giuridica dei soggetti in gioco (ad esempio il progettista).

In caso di SCIA l’ipotesi di reato più grave (rispetto a quanto previsto dall’art. 481 c.p.) è configurata dall’art. 19 della legge 241/1990 il quale statuisce che, ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti che legittimano l’attività edilizia dichiarata, è punito con la reclusione da uno a tre anni. Al comma 6 del suddetto articolo si contempla così una fattispecie penale autonoma a carattere speciale e sussidiaria.

Il documento oggetto di eventuale contestazione è la dichiarazione con la quale il soggetto titolare del diritto di proprietà, o di altro diritto reale sull’immobile, manifesta al Comune territorialmente competente, la volontà di effettuare uno degli interventi indicati nei commi 1, 2 e 3 dell’art. 22 T.U. dell’Edilizia in conformità “alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti e della disciplina urbanistica edilizia vigente” che fonda una delle forme di godimento del diritto di proprietà vantato sull’immobile.

E, in caso di presentazione della SCIA, l’art. 23 T.U. dell’Edilizia stabilisce che almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, il proprietario dell’immobile, o il titolare di altro diritto reale, debba accompagnare a tale documento principale “una dettagliata relazione a firma del progettista abilitato e “opportuni elaborati progettuali” che asseverino “la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”.

Pertanto il Legislatore, con l’art. 19, comma 6, legge n. 241/1990, ha inteso sottoporre a sanzione penale il soggetto segnalatore che rilasci – al momento della presentazione della SCIA – dichiarazioni, attestazioni, autocertificazioni e asseverazioni non corrispondenti al vero, affermando il falso circa la sussistenza di requisiti e presupposti richiesti ai fini degli interventi indicati specificamente ai commi 1, 2 e 2 bis dell’articolo 22 e, ancora all’art. 23, comma 1, D.P.R. n. 380/2001.

Senza scomodare importanti cultori della lingua italiana, occorre  evidenziare che la interpretazione letterale (quindi il significato proprio delle parole in tale contesto), assume importanza se si considerino i termini “dichiarazioni”, “attestazioni” come risultanza equipollente di quello di “asseverazione” per il quale anche la Corte di Legittimità (Cass., III sez, 19 gennaio 2009, n. 1818) si è espressa, concordando, sulla sua interpretazione, con il migliore dei vocabolari italiani; e così intendendosi per esso “l’affermare con solennità e porre in essere una dichiarazione di particolare rilevanza formale e di particolare valore nei confronti dei terzi quanto a verità e affidabilità del contenuto” .

Tutti i predetti termini, comunque, fanno riferimento al contenuto della SCIA da considerarsi (però) quale atto “complesso” posto che la documentazione allegata ad essa ne costituisce parte integrante. Con l’ovvia conseguenza che il proponente risponderà penalmente in caso di violazione del dovere giuridico impostogli dalla legge (art. 19 legge n. 241/1990 art. 23 T.U. dell’Edilizia) di dire il vero rispetto ai requisiti legittimanti ed alla sussistenza di una situazione strutturale dell’intervento edilizio da realizzare, che sia conforme agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati, nonché ai regolamenti edilizi vigenti.

Tale considerazione vale sia quando si affermi la rappresentazione di fatto attinente ai progetti, così come in rapporto a quanto venga sottaciuto in caso di occultamento di elementi circostanziali rilevanti per la rappresentazione corretta dei fatti oggetto di asseverazione (dichiarazione o attestazione); e ne consegua una sua prospettazione intrinsecamente falsa.

Entrambe le ipotesi integreranno il reato di falsa asseverazione (dichiarazione e/o certificazione) già nel momento di presentazione della SCIA avente ad oggetto i progetti finalizzati all’ottenimento dei benefici fiscali del superbonus – tempo in cui il reato si consuma – non rilevando il conseguimento (solo eventuale) dell’ingiusto profitto di realizzare l’illegittimo intervento edilizio.

Dovrebbe ritenersi – sempre ai fini della consumazione del reato – che non abbia parimenti rilevanza il conseguimento dell’ingiusto profitto delle detrazioni fiscali connesse ai medesimi sisma ed eco bonus.

Pertanto la relazione accompagnatoria al progetto, avendo natura di certificato ed elemento “strutturale” della SCIA (quale atto a controllo successivo) rafforza il concetto di potestà pubblica in capo al soggetto qualificato, con le conseguenze penali già trattate. Ma rafforza anche l’idea che le sorti del beneficio fiscale già ottenuto, a seguito della asseverazione sottoscritta dal tecnico (poi rivelatasi falsa) e quelle legate alla cessione del credito di imposta da parte del committente, siano segnate da cattivi presagi.

Non si esclude infatti la possibilità di revoca del beneficio nei riguardi anche del committente in caso di contestazione penale per “concorso di reati di falsità ideologica per induzione” vista la previsione normativa dell’obbligo di firma in seno alla domanda principale (corredata dalle tavole planimetriche redatte dal professionista incaricato).

Da notarsi che le circolari della Agenzia delle Entrate aventi ad oggetto la detrazione per gli interventi di cui sopra, nonché l’opzione o lo sconto in luogo della detrazione, contemplano disposizioni riguardanti i controlli su fornitori e soggetti cessionari “solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto”. Si prevede che, se un soggetto acquisisce un credito d’imposta, ma durante i controlli dell’ENEA o dell’Agenzia delle Entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito “in buona fede” non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta.

Mentre sembrerebbe essere chiaro che al cessionario (terzo di “buona fede”) non possa essere revocato il diritto alla detrazione per il beneficio ricevuto, non altrettanto chiara appare la posizione del contribuente (committente/cedente) nella ipotesi sopra detta.

Ancora, se da un lato, qualora sia accertata la mancata integrazione, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto che ha esercitato l’opzione (con maggiorazione di interessi), nulla è previsto dalla norma in relazione alle ipotesi di corresponsabilità (come nel caso della doppia dichiarazione infedele – del committente e dell’asseveratore – in ambito SCIA) e concorso di reati per induzione ex art. 481 c.p. (comb. disp. art. 48 c.p.).

Se, in sintesi, dovesse essere accertato un vizio procedurale “a monte” – quindi mantenuto l’esonero di responsabilità in capo al terzo di “buona fede” (cessionario) il quale continuerà a detrarre il beneficio ricevuto – lo Stato agirà (in caso di presentazione di SCIA) nei confronti dei soggetti che risulteranno condebitori in solido (sempre committente/cedente e asseveratore) con diritto di rivalsa a fronte di una cessione/detrazione non dovuta?

L’obbligo incombente sul tecnico asseveratore di sottoscrivere la polizza assicurativa di responsabilità civile a garanzia del proprio cliente (committente) per il risarcimento dei danni provocati nel corso della sua attività professionale, certamente non sarà sufficiente ad evitare né a quest’ultimo e nemmeno al committente una contestazione da fattispecie di reato (penale e tributaria). E, sebbene i pareri dell’Agenzia delle Entrate nulla prevedano sul punto, si ritiene che, nell’alveo del contratto di appalto, appaia necessaria la redazione di clausole che limitino la responsabilità di parte committente (es. proprietario dell’immobile oggetto di intervento) anche sotto tale profilo o, ancora, apposite pattuizioni e convenzioni sub specie le quali potranno avere ad oggetto tutte le controversie derivanti dal medesimo contratto ed utilizzabili, per la migliore difesa, anche in ambito processuale penale.

Avv. Mario Galluppi